Noi non revochiamo: il 10 maggio scioperiamo

Roma -

La Ricerca Pubblica è un patrimonio prezioso della collettività, ma, nel nostro Paese, è mortificata da anni.

La Ricerca ha bisogno di una governance unitaria, staccata dalla Scuola, di una dirigenza adeguata e nominata in modo trasparente, di fondi, di personale - ricercatori, tecnologi, tecnici e amministrativi- assunto stabilmente e remunerato in maniera adeguata alle proprie professionalità: i nostri stipendi sono meno della metà di quelli dei nostri colleghi tedeschi od olandesi. L’elemosina ricevuta con l’ultimo contratto siglato da CgilCislUil e le cifre stanziate in legge di bilancio mostrano una continuità impressionante nella volontà di affossare il nostro settore.

L’intesa del 24 aprile tra MIUR e sindacati rappresentativi, che ha portato alla revoca del loro finto sciopero proclamato per il 17 maggio, non risolve nessuno di questi temi ed è propedeutica anche ad una dannosa regionalizzazione contrattuale in fase integrativa. E' dominata dalle problematiche irrisolte della Scuola, ennesima dimostrazione della totale emarginazione alla quale è stata condannata la Ricerca Pubblica per assecondare i desiderata dell'apparato burocratico della Flc-Cgil.

Per questo abbiamo scritto alla Presidenza del Consiglio, ai Presidenti di Camera e Senato e ai vertici degli Enti Pubblici di Ricerca una lettera, che inoltriamo.

Per questo, NOI NON REVOCHIAMO! IL 10 MAGGIO SCIOPERIAMO: per rivendicare la rilevanza della funzione che svolgiamo quotidianamente nei confronti della committenza sociale della Ricerca Pubblica e per vederla riconosciuta a tutti i livelli, a partire da quello salariale!

 USB Pubblico Impiego Istat

 

 


 

Al Presidente del Consiglio Prof. Giuseppe Conte

Ai Ministri

e p.c. Al Presidente del Senato

Al Presidente della Camera

Ai Presidenti delle Commissioni di Senato e Camera

Ai Presidenti degli EPR

Ai Direttore Generali EPR

Oggetto: Sciopero del 10 giugno per i lavoratori della ricerca ed università. Disuguaglianze.

 

Presidente,

Come saprà USB PI venerdì 10 maggio sciopera nel pubblico impiego. I motivi dello sciopero sono scolpiti nel continuo peggioramento delle condizioni di lavoro e di diseguaglianza che anche il Suo Governo con recenti provvedimenti sta mettendo in campo in continuità con i precedenti.

Come lavoratori della Ricerca organizzati in USB PI, parteciperemo allo sciopero e abbiamo ritenuto di doverLe scrivere, anche a seguito della firma dell’intesa del 24 aprile con alcune organizzazioni presenti negli EPR e altre della scuola.

Prima di entrare nel merito dei contenuti, non possiamo esimerci dal notare come l’intesa sia pesantemente sbilanciata sulla scuola che, per dimensioni e peso politico, oscura gli altri settori. Tale condizione si è già verificata in occasione del rinnovo del contratto, il primo con il comparto così aggregato, quando il tempo di contrattazione riservato alla Ricerca è stato in tutto di un paio d’ore, dopo nove anni di blocco contrattuale.

Questo per dire che il principale strumento necessario al personale del nostro settore è il comparto autonomo di contrattazione, unico ambito dove sarebbe possibile trovare soluzione alle problematiche relative al settore, dalla Raccomandazione Europea sulla ricerca (2005/251/CE), i fondi accessori, l’ordinamento (per esempio rispetto ai laureati brevi!).

Entrando nel merito, manca nell’intesa ogni riferimento ad una vera e reale governance del sistema ricerca. Una governance che dovrebbe avere almeno un ministero ad hoc e separato dalla scuola od un viceministro nella presidenza del consiglio per essere effettiva ed interministeriale. L’ipotesi della solita agenzia gestita dai politici che un dirigente del MIUR, l’ex Senatore forzitalista Valditara di gelminiana memoria, propugna di frequente, andrebbe verso la gerarchizzazione e il controllo della ricerca, non verso il suo rilancio. La completa assenza di questo punto alimenterebbe i dubbi e le ombre generati dalla linea che il Governo ha seguito nelle recenti nomine del presidente Istat e del commissario Crea.

Anche se qualche OOSS sostiene che nel testo originale ci sia stato un riferimento agli stabilizzandi della ricerca, il silenzio, e comunque l’approccio anti-stabilizzazioni per i precari della scuola nel documento, ricorda quello siglato tra sindacati confederali e governo Letta (3 maggio 2012). L’assenza, peraltro, del Ministro della Funzione Pubblica e di quello del MEF che su questo processo hanno un ruolo determinante, determina che rimanendo in sede MIUR le resistenze alla stabilizzazione rimarranno tutte in campo (come dimostrato dalla misteriosa presunta ‘sparizione’ del riferimento).

Sui salari, sottolineando che i sindacati firmatari sono gli stessi che hanno accettato i famosi 85 euro lordi medi dell’ultimo rinnovo contrattuale, le cifre intorno ai 100 euro di cui si parla sono ridicole. Ad oggi il salario medio del personale della ricerca è del 40% più basso di quello medio europeo (ossia 400 euro lordi mensili in meno!), ma se il confronto passa a quelli dei paesi maggiori si sale ad una diseguaglianza che tocca il 55%. A tutto ciò si aggiungono altri due elementi: l’aumento di 240 euro attribuito ai dipendenti pubblici tedeschi e il blocco di nove anni dei contratti che ha determinato una pesantissima perdita di potere d’acquisto dei salari. Se il Governo ritiene di differenziarsi dai precedenti esecutivi, sarà necessario ragionare su altri livelli. 

Rispetto al reclutamento, seppure si riuscisse con il Suo intervento e quello della Funzione Pubblica a vincolare i fondi sinora negati alle stabilizzazioni da presidenti degli enti e direzione ricerca del MIUR, non debbono essere dimenticati i precari storici non inseriti in stabilizzazione, anche attraverso la definitiva abolizione di forme falsamente atipiche e le borse di studio a vita. E su questo siamo a conoscenza di proposte di legge che opportunamente modificate potrebbero chiudere il precariato e avviare un sistema regolato di formazione e nuove assunzioni

Siamo ormai stanchi che su fondi accessori, carriere ed ordinamento si resti allo stallo totale. Appare chiaro anche dai riferimenti che l’intesa che si concentra molto sui dirigenti amministrativi delle scuole e discrimina il comparto ricerca, sempre più necessario per rilanciare il sistema. 

Il 10 maggio saremo in piazza a scioperare oltre che sulla piattaforma generale di pubblico impiego (salari, impronte digitali, disegno di legge per il miglioramento della PA) anche contro quell’intesa che, in continuità con gli altri governi, dimostra chiaramente la mancanza di qualsiasi volontà di far ripartire la ricerca pubblica.

Per USB, il settore e la committenza sociale a cui si rivolge hanno bisogno della reale partecipazione del Presidente del Consiglio, di una analisi reale per il rilancio, affrontando i temi della governance, della proprietà intellettuale, del comparto, delle problematiche relative al personale (salari, carriere, ordinamento, infrastrutture e strumenti di lavoro).

Ad oggi, anche il governo cosiddetto del cambiamento ha approcciato a nostro avviso male il tema della Ricerca Pubblica, senza darle centralità, individuando soggetti vecchi, affidando il settore a soggetti inadeguati.

Pur confidando in un’inversione di tendenza che misureremo sui fatti, rimane chiaro che in caso contrario continueremo sulla strada della mobilitazione e della lotta.

Claudio Argentini USB PI Ricerca