DIFENDIAMO IL COMPARTO RICERCA CONTRO LA LEGGE BRUNETTA

Roma -

 

In questi giorni FLC CGIL e FIR CISL sono in grande affanno nel vano tentativo di cercare di giustificare l’ingiustificabile e cioè il sostanziale annullamento del comparto Ricerca nella Scuola. La proposta è chiaramente di matrice CGIL sulla quale la CISL ha deciso di appiattirsi per misteriosi motivi che non ci interessa conoscere, ma di fatto conclamando una subalternità al sindacato che più ha perduto in queste ultime elezioni RSU.


Curiose sono le motivazioni che con grande difficoltà queste organizzazioni stanno tentando di argomentare per giustificare questa operazione ai lavoratori.


Si definisce l’accordo sui comparti come necessario ed urgente per aprire la stagione contrattuale, omettendo che stiamo andando ad aprire un contratto che porterà nelle tasche dei lavoratori 5 euro lordi al mese, con una prospettiva per nulla migliore visti i problemi sul bilancio pubblico, e che introdurrà la legge Brunetta.


Quella legge Brunetta di cui la CISL fu complice e contro la quale la CGIL sparò, naturalmente a salve, solo durante il Governo Berlusconi, mentre oggi, che la legge è sostenuta dal Governo dell’amico Renzi e dell’ancora più amica Madia, si guarda bene dal mettere in discussione. Anzi, lavora alacremente per metterne in pratica uno dei principi e cioè la riduzione dei comparti del pubblico impiego. Se la volontà fosse stata veramente quella di preservare la Ricerca allora si sarebbe chiesto un ulteriore comparto rispetto a quelli previsti da Brunetta, risolvendo all’origine il problema e dando anche un minimo di funzionalità ad un’operazione della quale sinceramente non si capisce la ratio. Si poteva fare, ma non si è voluto. Lo sta facendo USB, lo stanno facendo i presidenti degli enti, lo sta facendo la politica più attenta alle esigenze della ricerca pubblica, ma non lo fanno CGIL e CISL.


Diranno che ritarderebbe il rinnovo dei contratti, ma ci preme ricordare che stiamo sempre parlando dei contratti che portano di 5 euro lordi e introduzione della Brunetta.


Ci racconteranno, anzi già lo stanno facendo, che le sezioni contrattuali preserveranno le specificità. Un’altra bugia! Le sezioni, se ci saranno, saranno esclusivamente transitorie perché il progetto è quello di una vera e propria omogeneizzazione dei nuovi comparti e quindi addio alle specificità, se non in questa, nella prossima tornata contrattuale.


Non si è voluto perché l’interesse dei sindacati “complici” a chiudere questo accordo c’è e non coincide con quello dei lavoratori, ma con quello del Governo amico. Infatti l’attuale ipotesi di configurazione dei comparti di contrattazione risponde a varie esigenze interne alle organizzazioni sindacali complici, tra le quali spicca la volontà di far fuori rappresentanti votati dai lavoratori, ma evidentemente scomodi e che non riescono a contrastare con la battaglia politica e sindacale. In particolare la “democratica” CGIL sta cercando di realizzare una sorta di ‘pulizia etnica’ per recuperare quanto perduto negli ultimi tempi. Peraltro, ignorando la volontà dei lavoratori espressa democraticamente nelle ultime elezioni RSU, ad ulteriore dimostrazione di quanto le interessi della democrazia e della libertà sindacale.


Nel merito ci siamo già espressi, ma forse vale la pena ripeterci. Noi ci siamo da sempre opposti al decreto Brunetta anche per quanto riguarda la riduzione dei comparti di contrattazione. Riteniamo che a fronte di centinaia di contratti del privato i dieci del pubblico impiego non rappresentino un problema, anzi consentono di tutelare le specificità di comparti come quello della Ricerca per il quale riteniamo che l’ipotesi dell’accorpamento nella Scuola sia la peggiore delle possibilità.


Il resto sono speculazioni di chi non sa come giustificare la propria posizione “collaborativa” al tavolo ARAN.


Siamo convinti che il progetto al quale CGIL e CISL si sono resi complici sia quello del completo depotenziamento del contratto nazionale, di un sostanziale livellamento verso il basso dei diritti e dei salari dei lavoratori pubblici, della cancellazione della libertà sindacale con la conseguente costruzione del monopolio sindacale dei sindacati complici.


Nessuno si facciano illusioni, anche se la nostra rappresentatività guadagnata alle elezioni RSU dovesse esserci sottratta con metodi truffaldini, noi continueremo ad andare avanti.


Continueremo nella costruzione del sindacato di massa, di classe e conflittuale. Continueremo a difendere davvero la ricerca pubblica dalle politiche dei governi completamente sottomessi alle logiche dell’Unione Europea del pareggio di bilancio. Continueremo a difendere i lavoratori dai continui arretramenti, nei diritti e nelle condizioni materiali, prodotti da organizzazioni sindacali che hanno perso da tempo il proprio riferimento principale per diventare null’altro che mere organizzazioni affaristiche. E continueremo la nostra azione all’Aran, in piazza, in parlamento e in tutte le sedi istituzionali e siamo rafforzati dal successo del referendum che a fronte di circa 5000 voti dimostra che l'88% dei lavoratori NON vuole la scuola come comparto di riferimento.


Insomma continueremo a fare il nostro “mestiere”, così come abbiamo fatto fino ad oggi.


USB PI RIcerca