Istat: Buon compleanno Modernizzazione
Il 15 aprile si spegneranno le prime due candeline: buon compleanno, Modernizzazione!
In questo periodo, l’Amministrazione sta proseguendo gli incontri con il personale sullo stato di avanzamento lavori della sua riorganizzazione.
Siamo anche a pochi giorni dal rinnovo delle rappresentanze sindacali; nell’ultimo mese di questa tornata elettorale un numero di comunicati sindacali mai visto prima. Un grande esercizio democratico, a prima vista. E con molteplici voci contro i problemi del nuovo assetto. Tutto bene, si direbbe: finalmente le rappresentanze dei lavoratori danno voce al malessere diffuso!
Bene sì, ma non benissimo. Perché l’esercizio critico da parte dei sindacati trattanti è solo il tentativo ipocrita di fare l’occhiolino a qualche elettore in più piuttosto che un cambio di rotta rispetto al sostanziale beneplacito con cui hanno accolto il progetto: si lamentano per le aspettative deluse.
La riorganizzazione era stata spacciata come indispensabile per rendere più efficaci i processi di produzione. Ricordate? Prima facevamo gli artigiani, ci dicevano. Il progetto della Task Force ci avrebbe traghettato nell’Eden della Statistica Ufficiale: l’industrializzazione dei processi e la liberazione di risorse ed energie da dedicare all’attività di ricerca.
Un po’ appannato ma il messaggio di fondo dell’Amministrazione è ancora questo: mancano risorse e c’è qualche problemino di messa a punto. Insomma: qualche disfunzione, fisiologica per così dire, per via della complessità del cambiamento. Il management Istat usa questi argomenti per preparare il terreno alla nuova fase: accordi di servizio fra “cliente” (il DIPS) e “fornitore di servizi” (il DIRM) e massiccio outsourcing con affitto di lavoro somministrato, non a caso chiamato lavoro “body rental”. Sia per le attività informatiche sia per quelle statistiche.
Non siamo però di fronte al fallimento della modernizzazione: quello che accade da 2 anni a questa parte ci dice che sta funzionando benone. Nel silenzio generale (per tacere dei coristi festanti), lo denunciammo dinanzi al Presidente Alleva e al coordinatore della task force e lo scrivemmo - qui il comunicato di allora per chi avesse voglia di (ri)leggerlo - 6 mesi prima del suo avvio. Scrivemmo della perdita di qualità della produzione e dei processi lavorativi, drammatica e difficilmente reversibile, per colpa di una disarticolazione artificiosa di processi complessi e di una misurabilità degli obiettivi fittizia. Di un aumento incontenibile del livello burocratico. Della forte segmentazione in attività routinarie e di una marcata differenza nella distribuzione dei carichi lavorativi. Della alta competizione interna e dell’assenza di incentivi improntati a cooperazione e collaborazione per la gestione delle interdipendenze nelle attività. Del fatto che outsourcing e esternalizzazione di funzioni sarebbero stati corollari inevitabili. Non avevamo la palla di vetro: esiste una ampia casistica delle riorganizzazioni fatte e disfatte con il paradigma scelto dai modernizzatori.
Il risultato è che è aumentata la burocrazia, l'inefficienza, la confusione dei compiti, la competizione interna e si sono allungate a dismisura le fasi di lavoro.
In parallelo si sono continuate a mortificare le carriere. Anche questo è sotto gli occhi di tutti: per le progressioni economiche del personale IV-VIII siamo al 4° anno di blocco Istat, dopo 4 di blocco nazionale; per le progressioni di livello sono stati spesi circa 540mila € (con 370 mila annuali di maltolto, tagliati dalla Conferenza dei Servizi con l'assenso di Amministrazione e sindacati): 250 posizioni hanno “premiato” il 52% degli aventi diritto. Di contro, per la premialità di una 30ina di posizioni dirigenziali l’Istat spende annualmente 2 milioni. Premialità a pioggia nel loro caso: il punteggio più alto nelle recenti selezioni equivale al più basso della dirigenza nell'ultimo quinquennio: la meritocrazia pe' vo' altri!
Per i ricercatori e tecnologi, a breve ci sarà il secondo bando per gli anticipi dei passaggi di fascia, dopo 10 anni dal primo: stanziate le risorse che il contratto destina a queste procedure per un solo anno, 57 mila €, che basteranno al massimo per 15-18 colleghi. In compenso il Presidente continua a percepire 240 mila €, pur avendo promesso il taglio dell’emolumento in commissione parlamentare.
Lo svilimento del lavoro in Istituto e la compressione del costo del personale non dirigenziale vengono dunque remunerati abbondantemente. D’altronde la performance economica e finanziaria dell’Istituto va a gonfie vele: nel 2016 l’avanzo di amministrazione del bilancio Istat è di 130 milioni €, 97 dei quali non vincolati. Anche a fronte di una cospicua diminuzione del trasferimento da parte dello Stato, sceso a 176 milioni: - 8% in un solo anno. Peccato solo che la mera performance finanziaria non rientri tra gli scopi dell’Istat. Il cui obiettivo principale sarebbe semmai quello di sviluppare un’approfondita conoscenza della realtà ambientale, economica e sociale del Paese, favorire una affidabile informazione statistica e coadiuvare i processi decisionali di tutti i soggetti della società: lavorare per la propria committenza sociale.
Questo è l’obiettivo per cui vogliamo continuare a batterci, in direzione ostinata e contraria. E’ l’unico modo con cui intendiamo praticare l’attività sindacale: individuazione chiara delle controparti dei lavoratori, nessun assecondamento della logica aziendalista e familistica dietro al quale si celano fini personali, di cordata e corporativi, deteriori per la qualità del lavoro in Istituto; difesa della dignità di ogni lavoratore e delle attività che svolgiamo, rispetto all'organizzazione del lavoro e all'autonomia ed indipendenza dell'informazione statistica; fermo rigetto di ogni forma di precariato, di esternalizzazione e di svilimento della professionalità dei lavoratori.
Vogliamo continuare a lottare per recuperare tutte le risorse destinabili alla riattivazione dei percorsi di carriera. Occorre bandire un numero elevato di selezioni interne (art. 15) per passaggio a II e I livello, in proporzione ai tempi di permanenza per livello e profilo. Gli anticipi di fascia vanno fatti a cadenza regolare di 2/3 anni, con tutte le risorse rese disponibili dai contratti nazionali e riacquisizione integrale di quelle finora non utilizzate (630 mila €).
Al contempo vanno recuperati i 370 mila € per anno mancanti dal fondo per le progressioni di livello; che è stato esaurito e senza una nuova alimentazione sarà rimpinguato con il contagocce per i prossimi anni: 30-40 mila € provenienti dalle cessazioni dei beneficiari. La procedura per le progressioni economiche va bandita e conclusa entro l’anno in corso e la ripartizione per gradoni va fatta ponendo particolare attenzione ai tempi di permanenza nel gradone di appartenenza e per anzianità complessiva Istat.
Chiusa la fase di stabilizzazione del personale a tempo determinato, va curata definitivamente la dipendenza dei vertici da forme lavorative precarie: il lavoro in affitto intossicherebbe nuovamente l’Istat. Va invece definitivamente debellata la piaga del sottoinquadramento, su cui pure si è “investito” spudoratamente per svariati anni: serve un piano concorsuale straordinario al III, IV e VI livello con l’obiettivo prioritario di valorizzare le professionalità interne.
Occorre ridare dignità al lavoro in Istituto: diritto al futuro per tutti i lavoratori Istat.
USB Pubblico Impiego Istat