ISTAT: Giù la maschera
La giornata di giovedì, che si è conclusa con la firma da parte della FLC-CGIL dell’integrazione all’accordo sul salario accessorio del 2011 e con la firma di un ipotesi di accordo per il 2012 e 2013, è difficile da commentare. Un’assemblea-farsa, partecipata in buona parte dalle (ormai scarse) truppe cammellate della CGIL, si è conclusa con un “chiaro mandato” alla firma da parte di 40 lavoratori, compresi alcuni III livelli delegati sindacali e iscritti della CGIL. "A larga maggioranza", hanno il coraggio di scrivere. Il tutto, tra urla e insulti contro i lavoratori che si permettevano di sollevare obiezioni nel merito e sul metodo.
Una pressione indegna, del tutto analoga a quella esercitata dall’amministrazione a più riprese nel corso della vertenza.
Lo stesso fastidio, la stessa voglia di farla finita con i lavoratori auto-organizzati, la stessa voglia di riprendere in mano il timone del comando.
Eppure la giornata di giovedì è stata utile, un contributo alla chiarezza sul ruolo di questa organizzazione sindacale, che è passata dai ridicoli striscioni esposti nella prima assemblea, alla preparazione affannosa dello sciopero, fino all’ingloriosa firma di un accordo che non solo non ottiene niente rispetto ai punti della piattaforma rivendicativa relativi al reperimento di risorse aggiuntive per finanziare le progressioni, ma che mette nero su bianco l’accettazione della meritocrazia brunettiana e introduce i criteri per la differenziazione/discriminazione salariale che verrà.
Emerge chiara un’oggettiva convergenza e coordinamento di azioni con l’amministrazione Istat (che, è bene ricordalo, proviene dalla stessa area politica di riferimento della CGIL) che si è infatti prodigata con un tempismo più che sospetto a far uscire in simultanea con lo svolgimento dell' "assemblea" un documento con cui si impegna a trovare risorse aggiuntive per il futuro, attraverso il conto terzi, la modernizzazione e il piano di razionalizzazione. Documento essenziale, visto che nell'assemblea precedente i lavoratori avevano chiesto chiaramente che la firma dell'accordo fosse subordinata ad un impegno concreto dell'amministrazione rispetto al 2015. Peccato che questo documento di concreto non abbia proprio nulla e si riveli la classica foglia di fico necessaria alla CGIL per non entrare in contraddizione addirittura tra due assemblee successive. Tanto per le modalità dell’assemblea quanto per questo documento farlocco è fin troppo evidente la forzatura delle forme pur di arrivare nella sostanza ad una scelta che a tutti gli effetti era stata già fatta.
Niente di nuovo per noi che abbiamo scelto di provare a costruire un’alternativa sindacale in Istat: la collaborazione non è episodica ma costituisce caratteristica permanente del sistema di relazioni sindacali ufficiale, in Istat come nel Paese. La scelta che si pone ai lavoratori che non intendono abbassare gli occhi e la testa ed affidarsi alla gestione di un’organizzazione che sempre più si mostra come un’estensione sindacale dell’amministrazione, è quella di riprendere il filo di un’iniziativa di lotta dal basso.
La battaglia per le progressioni di carriera è andata ben oltre la semplice e sacrosanta rivendicazione economica, per diventare una battaglia generale che già si va intrecciando con altre vertenze come quella dei lavoratori precari. Questo è un frutto della lotta che i lavoratori sono stati capaci di costruire, un patrimonio che non va disperso. Così come non va dimenticato quanto accaduto nella giornata di giovedì, per le conseguenti scelte ormai non più rimandabili: è ora che tutti i soggetti e i lavoratori che vogliono costruire un’opposizione reale in Istat si incontrino, perché l’alternativa che ci preparano il Partito e il Sindacato della Nazione è quella della sconfitta e della rassegnazione.
USB-PI Istat