Istat: I piani inclinati: quale fabbisogno di personale per quale Istat?
Pochi giorni fa il varo della Modernizzazione 2.0. Il principale filo conduttore sta nella ricerca spasmodica dei nuovi vertici di garantirsi un mandato sereno, dopo il cambiamento repentino della maggioranza di governo e l’uscita di scena dei ministri della Lega, principale sponsor della presidenza Blangiardo. A questo scopo saranno indispensabili le relazioni interne ed esterne in dote a ciascuna delle cordate di potere dell’Istituto, le nuove come le vecchie. Lo schema prevalente dell’ennesima riorganizzazione consiste quindi nel modellare la struttura organizzativa sui profili dei prescelti direttori. Tranne pochissime eccezioni, tra cui spicca il rinnovato interesse per la rete degli Uffici Territoriali Istat, nessuno dei problemi funzionali dell’Istituto viene preso in carico.
Intascata la nuova pax, L’Amministrazione ieri ha comunicato la riapertura dei termini dei bandi di I, II e III livello promulgati ad agosto 2018 dal presidente Alleva già scaduto e finora dormienti. Avevamo sottolineato, inascoltati, che il bando da III livello era gravemente insufficiente: servivano almeno 90 posti, anche per dare risposte al sottoinquadramento del personale. Ma nulla è stato fatto. Anzi, per il personale interessato beffa e danno insieme: troppo pochi i posti in più, e neanche in tutte le aree, a fronte del rischio che la tornata concorsuale venga fatta ricadere nella nuova normativa, fortemente voluta dalla ex ministra Buongiorno, che non prevede scorrimenti delle graduatorie oltre il numero dei posti messi a concorso.
Peculiare il timing di questa modifica. Dettata anche, come apprendiamo dai nuovi bandi, dall’approvazione da parte del Consiglio Istat dell’aggiornamento al Piano di fabbisogno del personale 2018-2020 lo scorso 24 luglio. Di questo aggiornamento non si riesce a trovare alcuna traccia, malgrado l'obbligo di pubblicità sul sito; né è dato sapere quando sia stato approvato dagli organi vigilanti. E ci chiediamo quale senso possa avere un’operazione del genere, pochi giorni prima della presentazione del nuovo Piano di fabbisogno alle organizzazioni sindacali rappresentative (l'incontro è previsto per domani).
Abbiamo già commentato negativamente i piani e gli aggiornamenti resi disponibili (Un Piano di fabbisogno inadeguato, che va nel verso sbagliato - 17/05/2018 e Sotto il Piano di Fabbisogno del Personale: niente concorsi e niente carriere – 5/03/2019).Sosteniamo difatti da tempo che l’Istituto deve rivoluzionare il proprio approccio: fare una programmazione seria e coerente degli obiettivi e delle risorse umane necessarie a perseguirli.
Il Piano di Fabbisogno del Personale 2019-2021 era nascosto tra le pieghe del Quadro strategico, Piano di attività e Performance 2019-2021, approvato dal Consiglio il 30 gennaio 2019 nel più assoluto silenzio. Un piano impalpabile e poverissimo che non programma praticamente nulla, se non scommettere sul fallimento delle politiche per il personale. L’Istat è ben consapevole delle carenze da sanare. In quel documento si afferma infatti:
“Al di là delle carenze segnalate trasversalmente in quasi tutte le aree della classificazione delle competenze, emergono delle aree specifiche su cui appare prioritario intervenire con l’acquisizione di nuove competenze. La realizzazione dei Censimenti permanenti, richiede la disponibilità di risorse aggiuntive, con particolari profili di competenze, di confine tra la statistica, l’informatica e la conduzione delle indagini.
Una priorità in termini di acquisizione di nuove risorse si registra anche sul versante delle competenze digitali, anche per l’attività di produzione sul fronte dei registri, in modo particolare competenze nel campo della gestione e nello sviluppo di infrastrutture IT, così come della gestione e sviluppo di applicazioni IT.”
Il piano rileva carenze trasversali in tutte le aree, quindi. Si pone particolare attenzione sulle competenze mancanti per i censimenti e i registri; e quelle per la gestione e lo sviluppo di infrastrutture e applicazioni IT. Per queste ultime l’Amministrazione ha trovato una sua soluzione: il massiccio ricorso a costose consulenze esterne, in realtà manodopera in affitto. Circa 100 informatici in tutte le strutture interessate, che ormai lavorano in pianta stabile in Istituto, tanto da configurare di fatto una vera e propria esternalizzazione di una attività core.
Niente altro è stato fatto per risolvere tali carenze. Nel periodo 2019-2021 venivano previste 275 cessazioni di personale nei livelli IV-VIII, senza conteggiare le uscite legate alla riforma su quota 100 (per cui è lecito pensare che supereremo le 320 unità). Questi pensionamenti stanno creando una voragine per le attività, quali le misure adottate? Lo scorrimento integrale della graduatoria Cter VI liv. del 2010 di 34 idonei, su cui pure troppo si è atteso, non è minimamente sufficiente. E non sarà certo il bando per 13 posti per le categorie disagiate la soluzione.
Per non parlare della luminosa carriera che si prospetta per il personale di IV-VIII livello attraverso l’applicazione delle progressioni di livello (art. 54) ed economiche (art. 53), con errori madornali nelle graduatorie approvate, tempi biblici di attuazione e risorse volutamente insufficienti. Basti pensare che per tutte le procedure ex art. 54, in svolgimento, lo stanziamento equivale alla spesa per la terza posizione di dirigente amministrativo di I fascia, che verosimilmente verrà introdotta dalla riorganizzazione della Direzione Generale appena approvata.
L’Amministrazione continua a fare orecchie da mercante anche riguardo alle procedure previste dall’art. 15, con il pieno utilizzo di tutte le risorse disponibili, che potrebbero dare uno sbocco professionale ai III e II livelli ormai incagliati da svariati anni nella loro posizione.
Eppure le risorse per le assunzioni ci sono: circa 35 milioni di euro sotto il limite della spesa del personale sul bilancio. Quest’ultimo con un avanzo di amministrazione in continua crescita: 108,6 milioni di euro secondo il bilancio di previsione per il 2019. Una scelta tutta politica, dunque. L’Amministrazione non riconosce alcun bisogno di valorizzazione per il personale Istat né programma assunzioni di ruolo che soddisfino i fabbisogni reali nei livelli di entrata. Preferisce altri canali di spesa, a cominciare dalla manodopera in affitto che costa milioni di euro ogni anno.
Gli indicatori chiari e inconfutabili della sofferenza dei lavoratori sono molteplici. L'impegno, la professionalità e il senso di responsabilità vengono riconosciuti loro solo a parole, da questo presidente come dai suoi predecessori. Tocca ai lavoratori prendere parola.
USB Pubblico Impiego Istat