ISTAT: Il boccone amaro
Dopo 5 mesi dal ritiro del ”piano della vergogna”, a cui l’amministrazione pro-tempore dell’epoca fu costretta dalla lotta dei precari, l’amministrazione Alleva si presenta con il nuovo piano di fabbisogno, il documento fondamentale delle politiche di reclutamento che caratterizzerà largamente il mandato del neo-Presidente.
A parte l’ovvia destinazione del 50% dei turnover 2012-2015 alle procedure riservate per i precari, che si limita ad applicare la legge 125 e che “stabilizzerà” il 10% della forza-lavoro precaria, si tratta dello stesso identico piano.
Chi non vedeva l’ora di annunciare l’apertura di una fase nuova con l’arrivo del “presidente amico” dovrà faticare a convincere i lavoratori.
- E’ pienamente confermato l’assetto dei concorsi da II e da III in svolgimento, con un incremento del peso relativo delle posizioni da II ritenute evidentemente prioritarie. Le (magre) risorse destinate a garantire l’accesso dall’esterno serviranno in primo luogo a garantire gli equilibri interni, dipartimento per dipartimento, direzione per direzione, servizio per servizio. Nessun impegno è assunto sui risparmi legati ad “eventuali” vincitori interni: la discrezionalità prima di tutto.
Questo dopo un triennio in cui sono stati messi a concorso e assegnate: 8 posizioni di I livello, 10 posizioni da dirigente di prima e seconda fascia, 42 posizioni di II livello (art.15), senza contare i nuovi direttori e capi dipartimento introdotti con il riordino. I precari si devono vergognare di pronunciare la parola “stabilizzazione”, con tutti i disoccupati che ci sono là fuori.
- E’ pienamente confermata l’intenzione di utilizzare co.co.co e assegni di ricerca, “affiancandoli alle forme flessibili di lavoro cui fa ordinariamente ricorso”.
Non si poteva dire meglio quale sia l’orizzonte strategico sulla precarietà: moltiplicarla, nelle forme e nei numeri.
- Un riferimento alle progressioni di livello della plebe (art. 53 e 54) è inserito solo per ricordare minacciosi che se si vogliono le progressioni ci si aspetti un bel taglio all’accessorio: “dovranno essere accantonate le risorse per il finanziamento delle suddette progressioni, risorse che confluirebbero a titolo definitivo nel capitolo destinato agli stipendi del bilancio dell’Ente e sarebbero decurtate dal Fondo”. Ma il volume delle risorse destinate al Fondo può cambiare…
Poi c’è la bozza di accordo sindacale per la proroga dei contratti a TD.
USB-PI, organizzazione rappresentativa nel comparto, non è presente a quel tavolo né riceve l'informativa, a causa di un’interpretazione cavillosa e anti-sindacale delle norme da parte di Istat, spalleggiata dall'Aran. Abbiamo potuto leggere il testo grazie alla presenza della delegazione precaria al tavolo.
Un bel leggere: non solo non è affermato il principio politico del “sine die” che avevamo richiesto (una clausola che riconosca la realtà dei fatti come “fino a quando permarranno le esigenze di garantire attraverso il personale a TD le attività ordinarie e straordinarie dell’Istituto, l'amministrazione si impegna a prorogare...”), ma viene fissato il limite del 2017, in accordo con il decisivo PST che segna come è noto la “fine del mondo”.
La proroga, in deroga al limite dei 5 anni, “potrà essere disposta annualmente” e non in una sola volta (nonostante, pare, le risorse economiche attuali coprano tutti i TD fino alla fine del 2017), ma dopo una verifica non solo economica delle disponibilità finanziarie ma anche “tecnica” del permanere dell’esigenza di svolgimento dell’attività del singolo lavoratore precario.
In cambio di questo, mano libera su trasferimenti e soprattutto nuovi contratti di lavoro flessibile (senza specificazione della forma, tra le molte a disposizione), ma solo successivamente alla “consultazione sindacale” (sospiro di sollievo).
Per le future procedure concorsuali, ci si impegna ad inserire riserve di posti e valorizzazioni nei titoli. Ci vediamo nel 2025, quando l’ultimo idoneo dei concorsi da VI e III sarà stato assunto. Buona fortuna.
Non c’è che dire, un “impianto complessivamente robusto” (FLC-CGIL), tutto sommato “abbastanza soddisfacente” (UIL-RUA).
Questo piano ci dà un’indicazione precisa di cosa aspettarci dalla gestione Alleva: la manutenzione dell'eredità disastrosa della presidenza Giovannini, con i sindacati confederali nel ruolo consolidato di chi racconta favole per far digerire il boccone amaro e tenere buoni e proni i lavoratori.
Siamo venuti già mangiati, grazie!!
Diamo appuntamento a tutti i lavoratori stufi di mandar giù bocconi amari, lunedì 22 settembre alle ore 15:00 presso la stanza del Direttore Generale a via Balbo, dove siamo convocati per una riunione sul “nuovo” piano di fabbisogno, per aprire una mobilitazione che porti ad una revisione radicale di questo impianto.
USB-PI Istat