Istat: Il lato oscuro delle progressioni: le regole ed il finanziamento

Roma -

Se, da un lato, l’Amministrazione sta attuando a cadenza biennale i bandi per le progressioni art. 54 e art. 53 per il personale IV-VIII livello, dall’altro rimangono insoluti troppi problemi.

Il primo ad emergere attiene ai punteggi ed è comune a tutte le procedure sinora svolte dallo sblocco delle carriere. Una prima netta scrematura tra gli aventi diritto avviene con il punteggio per la verifica dell’attività svolta, le cui voci legate ai comportamenti organizzativi più che al lavoro effettivamente svolto sono assai discutibili per l’uso discrezionale, distorto e falsamente meritocratico a cui si prestano. Il peso relativo di ogni singolo giudizio amplifica ingiustificatamente l’impatto e si traduce in una prima selezione, di norma non recuperabile con gli altri punteggi.

C’è poi la valutazione dei titoli presentati effettuata dalle commissioni. Non è il principio dell’autonomia delle commissioni a dover essere messo sotto accusa; è però un dato incontrovertibile che sono state prodotte griglie di valutazioni eccessivamente difformi le une dalle altre, con risultati assai diversi in termini di graduatorie finali.

Questo “effetto commissione” è a sua volta amplificato dalla mancanza, nei bandi, di informazioni chiare e puntuali sulle diverse tipologie di titoli e della loro rilevanza ai fini della valutazione. Stessa indeterminatezza che si riscontra nelle risposte da parte dei responsabili delle procedure alle richieste di chiarimento, in fase di compilazione delle domande di partecipazione.

Così l’uscita della graduatoria finale riserva spesso amare sorprese. E i lavoratori possono conoscere i punteggi dei titoli presentati solamente ex-post con un accesso agli atti, spesso troppo tardi.
Secondo i principi di trasparenza e correttezza, questi punteggi devono essere esplicitati puntualmente già nei bandi dell’art. 54 e dell’art. 53, di modo che i partecipanti possano effettuare una selezione ragionata dei propri titoli da presentare. Ciò anche per non allungare ulteriormente i tempi di attuazione, già di per sé niente affatto brevi e, in prospettiva, puntare a ridurli significativamente.
Nell’ultimo caso, per le progressioni di livello, questa indeterminatezza si è estesa addirittura ai requisiti di partecipazione: dopo l’ammissione con riserva, decine di colleghi sono stati esclusi dalla graduatoria senza che venisse fornita una giustificazione ragionata.

Anche al netto di tutto questo, c’è il macigno che riguarda le risorse finanziarie. Quelle rese disponibili per le progressioni sono state finora del tutto inadeguate; tanto che i vincitori dell’ultimo bando per l’art. 54 sono circa il 20% degli aventi diritto: 1 su 5 ce la fa, gli altri in fila ad aspettare che qualche soldo sgoccioli giù.

D’altronde, l’apposito fondo di bilancio, codificato dall’ultimo CCNL, si ri-alimenta tramite il recupero dei risparmi del personale cessato che aveva beneficiato delle progressioni di livello. Risorse insufficienti a valorizzare la professionalità e le carriere dei lavoratori, se non in tempi molto lunghi, visto che con il nuovo CCNL ci si è “dimenticati” di rifornirlo di risorse fresche e aggiuntive: a determinare la consistenza sono importi fissati nel 2006.

Ma l’Amministrazione Istat, mai sazia nella sua politica di deflazione salariale contro il personale, ci ha messo del suo per aggravare la situazione. In risposta ad una nostra recente richiesta di accesso civico, l’Amministrazione Istat ha candidamente risposto di conteggiare soltanto il differenziale tra il livello posseduto al momento del pensionamento e quello precedente (si veda risposta b) al punto 5 del riscontro, pdf a fondo pagina). E non, invece, i risparmi di tutti i passaggi di livello in capo allo stesso beneficiario. In sostanza, se un lavoratore va in pensione come IV livello, l’Istat recupera solo la differenza tra IV e V livello, e non anche la differenza del passaggio da VI a V livello, incamerando nel suo bilancio questi risparmi invece di metterli nell’apposito fondo. Una sorta di gioco delle tre carte, dove a perdere è sempre il lavoratore.

L’Amministrazione Istat deve correggere questo errore, rendendo immediatamente disponibili le maggiori risorse per un allargamento delle attuali graduatorie. Dato che si tratta di una correzione strutturale, le maggiori risorse saranno disponibili a regime, quindi anche per i prossimi anni. E questo renderebbe meno impellente la richiesta di “anticipo dei risparmi” degli anni successivi per allargare la platea dei vincitori: con la politica degli anticipi non si risolve difatti il problema strutturale, ma lo si rimanda beffardamente al bando successivo, che avrà ancor meno risorse.

E’ una questione di diritto e di rispetto nei confronti dei lavoratori, che l’Amministrazione Istat troppo spesso “premia” attraverso la sottrazione di risorse economiche.

USB Pubblico Impiego Istat