Istat: La chimera dei congedi parentali

Roma -

Lo scorso 22 maggio questa organizzazione sindacale chiedeva alla Direzione centrale per il personale in base a quali norme contrattuali o accordi di contrattazione decentrata la fruizione del congedo parentale a metà giornata venisse imputata dal sistema a partire dalle ore 7:45, orario di apertura delle sedi. Questa la risposta ricevuta dopo 20 giorni:

“Nel sistema informativo del personale, il congedo parentale è stato impostato in modo da non intaccare il permesso privato se fruito in entrata. Pertanto se il dipendente entra alle 12.30 e fruisce del congedo parentale ad ore (ora a mezza giornata pari a 3,36 ore), gli operatori incaricati collocano manualmente il congedo dalle 7.45 alle 11,21. Nelle ore restanti tra le 11,21 e le 12,30, non viene calcolato il permesso privato, nonostante il dipendente non sia in servizio. Ciò non avviene quando il dipendente ha già esaurito le 36 ore di permesso privato. In tal caso il sistema opera la decurtazione.”

Si deve dedurre che non esiste una risposta, perché non esistono norme contrattuali o accordi di contrattazione decentrata sull'orario di lavoro che prevedono le modalità di fruizione e di conteggio adottate in maniera unilaterale dall'Amministrazione.

 

Non si comprende perché gli operatori incaricati collocano manualmente in entrata il congedo dalle 7:45 e non dalle 9:30, orario di inizio della fascia obbligatoria per il personale IV-VIII livello, che sarebbe dunque coperta, non producendo così un debito orario. Peraltro la risposta fornita dalla DCRU tramite relazioni sindacali il 12 giugno u.s. non corrisponde a verità: si afferma che il congedo parentale non intacca il permesso privato se fruito in entrata, ma se il dipendente ha già esaurito le 36 ore di permesso privato, questo si incrementa e si opera la corrispondente decurtazione.

Come non si comprende perché da agosto 2018 al 17 giugno 2019, quindi per 10 mesi, non erano presenti sulla Intranet le istruzioni per fruire del Congedo parentale-Astensione facoltativa, comparse solo l’ultima settimana di giugno e comunque incomplete, perché non esplicitano le modalità di conteggio orario della mezza giornata su esplicitate.

Più in generale, non si comprende l'avversità dell'Istat nella corretta applicazione di un istituto previsto dalla legge volto alla conciliazione dei tempi di vita e di lavoro, in quanto:

1) sulle mezze giornate è stata operata una decurtazione indebitamente maggiorata del 20% e, a oltre un anno dalla nostra segnalazione di dicembre 2017, l'Istat ha rimborsato i lavoratori coinvolti, ma sembra con conteggi errati al ribasso, situazione sanata solo a giugno 2019;

2) per le suddette modalità di calcolo orario arbitrarie per la fruizione delle mezze giornate;

3) per i su nominati 10 mesi senza istruzioni sulla Intranet;

4) per le istruzioni errate presenti fino a maggio 2018, in quanto a distanza di quasi 3 anni non aggiornate rispetto al d.lgs. 80/2015, che elevava i limiti temporali di fruibilità da 8 a 12 anni e quelli di indennizzo da 3 a 6 anni;

5) per l'impossibilità di fruire del congedo parentale a ore a distanza di 4 anni dalla suddetta norma, quando necessitava soltanto una contrattazione decentrata che con un mero atto formale riconoscesse il monte ore della singola giornata lavorativa, noto a tutti da decenni.

Tutto questo lo abbiamo già segnalato al CUG e al RPCT.

Abbiamo appreso che il prossimo 11 luglio ci sarà un tavolo di contrattazione proprio su questo ultimo punto, ma non è dato comprendere se si affronterà anche la questione del computo delle ore della mezza giornata, quella ancora attualmente in vigore con le modalità di cui sopra.

Questo tavolo, chiamato con 4 anni di ritardo rispetto al d.lgs. 80/2015, comunque non annulla la gestione opaca, arbitraria ed inefficiente di questo istituto attuata finora dall'Amministrazione, che ha generato ostacoli e conseguenze negative per i lavoratori che ne hanno fruito, invece di aiutarli nella conciliazione tra vita familiare e vita lavorativa.

 

USB  Pubblico Impiego Istat