ISTAT: La Gatta, la Volpe e il grasso che cola

Roma -

Ovvero Marianna Madia ed il suo ultimo arrogante mentore, Matteo Renzi, il reazionario travestito da progressista, il venditore di pentole, che nella sua ridicola baldanza giovanilistica vuol far credere di essere un grande comunicatore, un sapiente produttore di immagini e novità. I due gaglioffi spergiuravano che non ci sarebbe stato un ulteriore blocco dei salari nella PA, nonostante il DEF contenesse proiezioni sulle variabili macroeconomiche che attestavano il contrario: il blocco del rinnovo contrattuale fino a tutto il 2020 e la conferma del blocco del turn-over fino al 2017.

Puntuale è arrivata la conferma la scorsa settimana dalle dichiarazioni della ministra, nota alle cronache solo per essere uno dei misteri più raccomandati d’Italia e per non saper riconoscere neanche dove si trovava il dicastero del lavoro ed il suo ex ministro.  
Il blocco dei salari diretti anche per i prossimi anni si cumulerà con un ulteriore taglio delle prestazioni sociali, un altro aumento delle tasse a livello sia centrale che locale nonostante una delle pressioni fiscali più alte del mondo, e con un salario differito regalato agli investitori istituzionali (fondi pensione), affinché possano giocarselo al gran casinò dei mercati finanziari globali; rispetto ai quali, peraltro, continua ad essere proclamata la sfacciata litania della necessità di restituire fiducia e di risultare credibili ai loro occhi.

Nel mentre l'Istat continua la sua deriva: è appena entrato l’ultimo fra i dirigenti amministrativi, utilizzati dal “tecnico” Giovannini come moneta di scambio per la sua personalissima scalata al potere (ora l’onore spetta all’Onu) e viene dato in uscita il direttore del personale appena arrivato.
Il tanto atteso nuovo presidente, assorbito in toto dalla funzione di rappresentanza per il semestre europeo, aggiunge la propria latitanza a quella della direzione generale ad interim. I feudi dipartimentali completano il quadro di questi vertici gattopardeschi: profumatissimi compensi per l’immobilismo se non addirittura per distruggere ciò che di buono viene portato avanti malgrado loro.
Nel grande gioco del potere in Istat capi servizio e direttori sono solo protesi a soddisfare i capi dipartimento; e questi imperversano con il praticare le solite politiche di esternalizzazioni quantomeno sospette senza il necessario controllo della qualità, di gestione di consulenze e software ai limiti del clientelare.
Invece non c'è nessuna risposta ai problemi del personale, partendo da quello precario maggiormente esposto per arrivare a tutti gli altri, oramai stremati dal blocco al 2009 dei salari e delle carriere e ulteriormente frustati e sbeffeggiati dalla assoluta mancanza della benché minima prospettiva.


L’Istat, nel comparto della Ricerca e più in generale nell’ambito del lavoro pubblico, è uno degli enti più strategici per la gestione del consenso e della politica economica.
Dobbiamo recuperare la piena consapevolezza della centralità del lavoro in Istituto, senza cedere a sudditanze, corporativismi, vagheggiati miraggi di luci alla fine del tunnel - in cui siamo stati cacciati a forza di una propaganda falsa e scorretta- e reali infangamenti del nostro operato.

Contro questo assetto, generale e di ente, USB-PI Istat propone a tutti i lavoratori la strada della mobilitazione e del conflitto.
Dopo il partecipato e diffuso sciopero del 19 giugno scorso, nella giornata di ieri 10 settembre abbiamo partecipato a un flashmob di lavoratori pubblici dinanzi al ministero della Funzione Pubblica che, srotolando uno striscione con su scritto “IL CONTRATTO È UN DIRITTO”, ha occupato la sede stradale bloccando il traffico.
Altre iniziative seguiranno…
Questa è la sola strada che conosciamo per opporci alle politiche che colpiscono i lavoratori. Una pratica che, per essere efficace nella difesa dei nostri diritti e nelle rivendicazioni salariali e di carriera, deve diventare generalizzata ed abbracciata da tutti in ogni posto di lavoro!

USB-PI Istat