PERCHÉ LA RICERCA PUBBLICA IL 20 NOVEMBRE INCROCERÀ LE BRACCIA

 

Come previsto, i punti della legge di stabilità che riguardano il settore della Ricerca Pubblica non sono tantissimi, ma sono decisamente impattanti:


1.    Rinnovi contrattuali.
2.    Congelamento del fondo accessorio.
3.    Blocco del turn over.
4.    Assunzioni nelle Università.
5.    Tagli lineari.
6.    Abolizione del comparto di contrattazione degli enti Pubblici di Ricerca

Rinnovi contrattuali e congelamento del fondo accessorio.


Questi primi due punti riguardano tutto il pubblico impiego ed hanno incidenza anche nel settore.


L’aumento di 5 euro previsto dal Governo, porterà i ricercatori italiani a continuare ad avere salari di molto inferiori rispetto alle medie europee, i livelli più bassi a rimanere in sofferenza e i lavoratori della ricerca e di tutto il pubblico impiego a proseguire nell’inesorabile complessivo impoverimento.


Così come il congelamento del fondo accessorio che nella prima stesura della legge, non c’era, mentre era presente il taglio del 10% dei premi per i dirigenti, porterà a grandi difficoltà a far muovere quelle carriere che sono state bloccate per anni e solo nel 2015 avevano ripreso a funzionare.  


Con lo sciopero del 20 vogliamo rivendicare il nostro diritto a salari dignitosi che riconoscano la nostra professionalità rispedendo al mittente la logica secondo la quale “in un contesto di crisi siamo ancora dei privilegiati e quindi dobbiamo subire qualsiasi tipo di angheria”. Un ragionamento che mira solo a depotenziare ipotesi di conflitto organizzato in opposizione alla destrutturazione del sistema di diritti e garanzie conquistato nel novecento e allo smantellamento il settore pubblico.


La realtà ci racconta di come, non tanto la crisi, quanto il rimedio adottato dall’Unione Europea stia producendo arretramento sul piano dei diritti e peggioramento delle condizioni materiali dei settori più deboli della società. In questo contesto trovano adeguata collocazione gli attacchi sul piano normativo, economico e sociale, cui sono sottoposti i lavoratori pubblici.


Noi facciamoci trascinare sul terreno dei sacrifici utili al Paese. È un inganno! Il Paese, quello reale, siamo noi! I sacrifici che ci chiedono servono solo a costruire un modello sociale che tuteli i privilegi di pochi, nel quale la Ricerca Pubblica non è prevista e l’aumento di 5 euro mensili (16 centesimi al giorno…) è una provocazione inaccettabile!


Blocco del turn over, assunzioni nelle Università, tagli lineari.


Nonostante fosse previsto l’innalzamento all’80% del turn over disponibile, il Governo ha abbassato al 25% per i livelli VIII – IV e al 60% per i ricercatori il turn over disponibile per il 2016. Sostanzialmente il blocco del turn over permane per gli EPR mentre per le università la legge di stabilità riserva aperture sia in termini di risorse che di modalità di assunzione. Gli atenei, cioè la porzione di ricerca pubblica maggiormente collegata alle imprese, non subiranno alcun blocco del turn over e potranno assumere per chiamata diretta. Una scelta chiarissima su quale ricerca interessa a questo Governo.


Una scelta di che trova ulteriori conferme nei tagli lineari che verranno praticati dai Ministeri che molto probabilmente ricadranno sugli enti vigilati con il fortissimo rischio per alcuni enti di andare incontro a morte certa. Così come certo è il taglio di 20 milioni del fondo che finanzia gli enti MIUR.


Abolizione del comparto.


Dulcis in fundo, la riforma dei comparti di contrattazione. Esigenza esclusivamente del Governo per andare verso una semplificazione del panorama sindacale che preveda l’eliminazione delle voci fuori dal coro ed una omogeneizzazione dei contratti nazionali verso il basso, con il serissimo rischio che chi oggi sta meno peggio vada a perdere in termini sia di diritti, ma ancora di più in termini salariali.


USB si sta battendo per non dare luogo a questa riduzione che riteniamo dannosa in generale, e molto pericolosa nel particolare degli EPR soprattutto se avesse la meglio l’ipotesi di comparto della conoscenza nel quale il gigante della Scuola soffocherebbe inevitabilmente il “piccolo” comparto degli EPR. Chi oggi caldeggia questa ipotesi ha deciso di sacrificarci in nome dei propri interessi di bottega.  Noi riteniamo che sarebbe il colpo definitivo ad un settore che sta sopravvivendo a stento all’abbandono da parte del Governo e ci opporremo con tutte le nostre forse insieme a tutti coloro che condivideranno la nostra posizione, senza nessuna esclusione.


L’impresa privata.


Di contro segnaliamo alcuni “piccoli” regali all’impresa contenuti nella legge di stabilità.


Un imprenditore nei prossimi dieci anni per ogni macchinario acquistato ha un ritorno del 140%.


Dal taglio dell’IRAP e dell’accessorio nei contratti integrativi un imprenditore guadagna in detassazione circa 100 euro per ogni 1000 versati.


L’impresa privata può assumere a tempo indeterminato risparmiando il 30% in confronto ad una assunzione nel pubblico impiego.

Di motivi per scioperare il 20 novembre ce ne sono tanti, se in tanti li condivideremo potremo combattere e anche vincere. Altrimenti avremo già perso.