Ricerca, un 2020 all’insegna della riappropriazione della dignità e dei diritti

Roma -

Il 2019, un anno controverso per il settore della Ricerca Pubblica, si è chiuso con le dimissioni del ministro Fioramonti e le dichiarazioni di Conte sulla separazione del comparto Scuola da Università e Ricerca con conseguente separazione dei ministeri.

Diciamo subito che la Legge di Bilancio aveva tradito le aspettative di cambiamento di chi ha a cuore la ricerca pubblica. La mancanza di stanziamenti, l’assenza di interventi risolutivi su stabilizzazioni e problemi del personale, segnavano una continuità con i tanti governi precedenti e forse facendo addirittura peggio, con l’istituzione dell’Agenzia Nazionale della Ricerca, un passo rilevante verso la privatizzazione del sistema della Ricerca Pubblica.

Queste valutazioni hanno determinato la ripresa della mobilitazione da parte di USB PI Ricerca con l’avvio il 18 dicembre delle procedure per lo sciopero. Tutto ciò praticamente in contemporanea con la chiusura di un verbale di conciliazione tra sindacati confederali e gabinetto del MIUR che, soprattutto alla luce delle decisioni di Fioramonti, mostrava tutto il suo carattere strumentale e privo di efficacia per i lavoratori.

Un 2019 controverso, quindi. Anche negli enti, con il CNR, INAF e INFN che continuano a discriminare gli stabilizzandi Comma 2 e i loro stanziamenti, ma con un articolo 6 del decreto scuola che sana i comma 1 misti, andando incontro alle esigenze soprattutto dei lavoratori precari di INAF ed INFN ed introduce un nuovo sistema di reclutamento (per piacere non chiamatelo tenure-track, perché è molto di più, individuando chiaramente le risorse nel 50% del budget assunzionale) che offre prospettive a tutti i precari.

Un anno caratterizzato dagli effetti nefasti del “contratto scuola”, come l’impossibilità di creare il fondo per i passaggi di livello per una assurda e penalizzante nota congiunta con cui i sindacati della scuola di fatto impediscono di fare carriera ai tecnici/amministrativi/operatori, ma di contro anche la risorgenza dell’articolo 15 grazie agli effetti ancora vigenti del vecchio contratto Ricerca. E proprio mentre l’ISS è ormai pronto ad applicarlo, ed ISPRA subito a seguire, il cambio della presidenza del COPER ha determinato, finalmente, il cambio netto e determinante proprio della consulta su questi temi e l’iniziativa comune di determinare con Funzione Pubblica l’autorizzazione delle procedure interne, cancellando 2 anni di inettitudine della precedente presidenza.

In questo 2020 vogliamo ripartire dalla separazione di Ricerca e Università dalla Scuola annunciata nel discorso di fine anno dal Presidente del Consiglio che con chiarezza ammetteva l’esigenza di dotare l’Università e la Ricerca di un comparto di contrattazione che, insieme alla costituzione del Ministero dell’Università e della Ricerca, è condizione fondamentale per immaginare un rilancio della Ricerca Pubblica nel nostro Paese. Da un lato i lavoratori di Ricerca e dell’Università hanno diritto ad un contratto che consenta la reale discussione dei problemi degli staff di ricerca e rappresenti l’ambito nel quale ridare diritti e dignità al nostro settore. Dall’altro, il ministero dedicato, fermo restando le perplessità di USB rispetto alla scelta del ministro rappresentante della casta baronale, sicuramente è un passo in avanti importante per risolvere i problemi legati alla governance.

Il ministero ad hoc, infatti, al di là dei pressappochismi di alcune analisi, determina il bilanciamento della stessa agenzia e la possibilità di costruire una governance migliorata e anti-privatizzatrice. Il comparto di contrattazione è lo strumento con cui ridisegnare ordinamento e strumenti per evitare quello che viviamo ogni giorno nella precarizzazione della vita lavorativa anche in termini di libertà di ricerca, libertà diminuita notevolmente nella declinazione del comparto Istruzione.

In attesa di comprendere il vettore legislativo che ricostituirà il comparto, non possiamo però abbassare la guardia, anche se sospenderemo le iniziative di sciopero, perché gli avversari del settore sono tanti e potenti.

A cominciare dalla FLC CGIL che, in nome della filiera della conoscenza, ha scelto di sacrificare i lavoratori degli atenei e degli enti di ricerca, come avvenuto nell’ultimo contratto nazionale. Un abbaglio quello della filiera della conoscenza che fino ad oggi ha prodotto l’aziendalizzazione delle scuole e rischia di regalare la Ricerca Pubblica ai potentati baronali, spesso presenti ai congressi dello stesso sindacato.

Chi, davanti alla volontà politica del Governo di modificare la Brunetta, aumentando il numero dei comparti, sceglierà di ostacolare la costituzione del comparto Ricerca e Università, si prenderà una grande responsabilità di fronte ai lavoratori di questi settori e a loro dovrà spiegare i motivi di questa scelta insensata.

Da parte nostra come USB siamo consapevoli che difendere la ricerca pubblica e i suoi lavoratori, fermare il precariato eliminando tipologie di rapporto di lavoro irriformabili come l’assegno di ricerca, ripartire con le carriere e i salari, passa per il comparto. E siamo già pronti a pretendere che dalle dichiarazioni si passi ai fatti. Consapevoli che esiste una maggioranza parlamentare che questi temi li ha già valutati e presentati nella legge di bilancio.

Per questo a fronte di un 2019 controverso, si apre un 2020 che offre, seppure sempre in un contesto estremamente complicato per il settore pubblico, finalmente una prospettiva.

USB PI Ricerca