Usb: basta ‘occupare' la ricerca senza occuparsi della ricerca, in arrivo nuove presidenze per Asi e Istat
In completa continuità con i governi precedenti, l’esecutivo (per ora di parte leghista) ‘prenota’ i vertici degli Enti di Ricerca. Proprio nella stessa settimana della rimozione del presidente Asi Roberto Battiston, il Consiglio dei Ministri ha annunciato il nuovo presidente Istat, su indicazione del ministro della Funzione Pubblica. Si tratterà di Gian Carlo Blangiardo, se le commissioni parlamentari competenti daranno il via libera, a maggioranza qualificata.
La rimozione del presidente Asi è stata giustificata con incongruenze formali della procedura di nomina, già accertate dai revisori dei conti dell’ente secondo il Miur che ne è il vigilante. Apparentemente nessuna connessione con l’Istat dove la procedura avviata lo scorso agosto sembra rispettare formalmente il regolamento europeo del 2009, prevedendo anche l’affidamento della selezione ad una commissione terza di “esperti”. Un intervento per il ripristino delle regole nel primo caso e una loro ossequiosa osservanza nel secondo.
Dovrebbe quindi essere solo una coincidenza l’enorme coagulo di interessi e di potere nel settore aerospaziale intorno alla Lega, che porterà alla nomina del nuovo presidente Asi. Ed è un caso fortuito che la scelta per l’Istat sia ricaduta su un professore ordinario di demografia organico alla stessa Lega; il quale già a luglio prima ancora che venisse indetta la procedura per la manifestazione di interesse, dichiarava alla stampa di essere in procinto di assumere la guida dell’Istat accettando l’offerta del ministro Giulia Bongiorno.
Blangiardo più volte negli ultimi anni ha assunto posizioni e sostenuto tesi ultra-conservatrici, in netto contrasto con l’evidenza statistica prodotta dall’Istat: l’immigrazione come “farsa umanitaria”, una invasione che costituisce un inaudito pericolo per la società occidentale; la crisi demografica ridotta ad una critica spietata alla legge sull’aborto e al mancato rispetto dei valori tradizionali della famiglia, solo per fare due esempi eclatanti.
Dato che il presidente dell’Istat ha il compito di sovrintendere all'andamento dell'Istituto e assicurarne il coordinamento tecnico-scientifico, è legittimo e fondato il timore che si stia cercando di mettere l’Istat al servizio della propaganda governativa o comunque di metterne in sordina autonomia e indipendenza, anche solo veicolando interpretazioni e letture semplicistiche delle statistiche prodotte. Chiaramente un obiettivo già perseguito anche dai precedenti governi, ma che in questa fase assume connotati di ideologicità diversi dal liberismo degli anni passati.
Il presidente nomina direttamente l’intera dirigenza, sulla base del più recente riordino legislativo del 2010. Ossia, gestisce e controlla la struttura amministrativa e organizzativa in forma autocratica. Dalla precedente presidenza di Giorgio Alleva, poi, erediterà una riorganizzazione che ha disaggregato e frammentato i processi della produzione statistica e sta comportando una drammatica perdita di qualità, come denunciato da USB da tre anni a questa parte; criticità enormi che le altre organizzazioni sindacali dell’Istat hanno riconosciuto solo dinanzi al danno compiuto. Ne danno prova inconfutabile le attività del “censimento permanente” iniziate un mese fa, che stanno facendo registrare una quantità di problemi difficilmente risolvibili, sia dentro l'Istat sia in capo ai Comuni selezionati e alla rete di rilevazione. Un fallimento tanto grave quanto prevedibile, se solo ci fosse stata una dirigenza meno asservita alla presidenza Alleva e più interessata a raccogliere le segnalazioni sul disastro imminente.
Questa dunque la situazione in cui versa la Statistica Pubblica nel nostro Paese. Se andasse in porto un progetto di soggiogamento ulteriore, per certi versi più virulenta, la perdita di credibilità sarebbe irreversibile. E senza la necessaria credibilità, viene meno il senso stesso di produrre statistiche ufficiali e la ricerca ad esse correlate.
Per questo c’è necessita di riscrivere in maniera omogenea le modalità che regolano la nomina, verifica e rimozione dei vertici degli Enti Pubblici di Ricerca prevedendo inoltre un’unica governance in capo alla Presidenza del Consiglio dei Ministri. Questa la via per svincolare le nomine dalle scelte del ministro di turno, coperte o meno da “commissioni indipendenti” fatte in casa per avvallare decisioni opache: si deve impedire che nomine e licenziamenti, oggi come ieri, rispondano ad un gioco di occupazione e contro-occupazione di poltrone influenti. Siamo stanchi di vedere comunicati di esultanza o di contrasto tra le diverse parti politiche. Come USB chiediamo che la Ricerca Pubblica sia governata da presidenti riconosciuti scientificamente e direttori generali competenti da scegliere su appositi albi da tenere costantemente aggiornati e l’individuazione di poteri di controllo contro l’autarchia delle stesse figure.
Il prossimo 22 novembre, dalle ore 10:00 in piazza Montecitorio, in occasione della manifestazione nazionale indetta da USB PI in concomitanza con la discussione della legge di bilancio aggiungeremo alla <link ricerca.usb.it/index.php - external-link-new-window>
piattaforma</link> e alle richieste da portare in Parlamento quella di non avallare una procedure farsesche e nomine faziose.Ribadiamo con forza la richiesta ai mass media di concentrarsi sul ruolo della Ricerca Pubblica in funzione dei bisogni reali della collettività; e ai cittadini di appoggiare una lotta per una radicale ridefinizione del sistema della Ricerca Pubblica che sia veramente libera, autonoma e indipendente, a unico beneficio della committenza sociale!
USB Ricerca