ISTAT: Dirigenza coatta
La cronaca: venerdì 24 aprile, sede Istat di viale Oceano Pacifico, terzo piano, stanze dell'indagine sulle forze di lavoro, presidio di centinaia di lavoratori che manifestano per il salario accessorio e le progressioni dei IV-VIII livelli.
Obiettivo: ritardare l'uscita del dato sulla disoccupazione.
Succede l'incredibile in questo avvicendarsi di vuote dichiarazioni di indipendenza e di tutela del ruolo pubblico dell'Istat da parte della sua dirigenza. Un atto autoritario, violento e riprovevole per chi l'ha subìto e per chi ha assistito a questo scempio: l'unità operativa preposta all'elaborazione statistica del dato - sottoposta già da qualche giorno a forti pressioni da parte dei superiori gerarchici - viene costretta a trasferirsi dal capo servizio Ifl e dalla direttrice Dcse e "scortata gentilmente" in un altro luogo: la stanza del presidente in via Balbo.
Fine del trasferimento: portare a termine i lavori. I colleghi, intimiditi dal paventato rischio di provvedimenti disciplinari o di ripercussioni anche più gravi (una su tutte: denunce penali per interruzione di pubblico servizio), accettano loro malgrado. I numerosi lavoratori presenti seguono i quattro malcapitati per cercare un'ultima mediazione con la dirigenza, ma soprattutto per testimoniare la loro forte solidarietà e vicinanza a persone visibilmente scosse da quanto sta accadendo. Una volta fatti uscire i nostri colleghi delle forze lavoro, la medesima direttrice chiede alla vigilanza che i tornelli vengano bloccati per impedire ai presidianti di continuare la loro protesta nel piazzale antistante l'ingresso, dove c'è ad attenderli l'automobile del capo servizio.
I lavoratori si concentrano a questo punto nella sede di Balbo dove si vocifera che siano stati trasportati per chiedere spiegazione a chi nei giorni addietro aveva richiesto l’intervento coatto. Il tutto sfocia in un acceso confronto con il direttore generale.
Nel pomeriggio i manifestanti confluiti dalle varie sedi romane si spostano in aula magna dove interviene il comitato di presidenza: il direttore generale e il presidente si presentano con il codazzo di capi dipartimento e qualche direttore. Invece di dichiarare il vero ma indicibile, ossia che loro sono i padroni e decidono ciò che devono fare i loro sottoposti, affermano che i colleghi sono stati sottratti ad un gruppo di “violenti”.
L’aula è stracolma di lavoratori, l’indignazione ha colpito proprio tutti. L’amministrazione è riuscita dove gli stessi manifestanti non erano ancora arrivati: unire tutti.
Le prime avvisaglie di questo nuovo corso apertamente intimidatorio erano già apparse in occasione dell’uscita del comunicato del Coe del 16 aprile: uscita monca degli allegati per via della mobilitazione, mancanza che la dirigente della comunicazione ha derubricato a mero “problema tecnico” dinanzi alle agenzie di informazione.
La giornata di venerdì ci ha portato adun punto di irreversibilità. Non vogliamo entrare oltre nel dettaglio delle pressioni indegne e vergognose, ma vogliamo esclusivamente prendere atto della gravità di quanto accaduto e chiedere innanzitutto assunzioni di responsabilità. Responsabilità per chi si erige a "direttore tecnico che rappresenta l'istituto e i lavoratori", da cui i lavoratori non si sentono rappresentati; di un presidente che fa finta di non sapere o si fida di chi gli sta affianco; di una dirigenza (amministrativa e tecnica) che si trincera dietro al direttore generale e continua a fare di tutto per perseguire i propri interessi personali; di un direttore del personale completamente assente nella questione.
Chiediamo che:
- il presidente sollevi da tutti gli incarichi dirigenziali tecnici coloro che si sono macchiati del trasferimento coatto - il capo dipartimento Disa, il direttore Dcse e il capo servizio Ifl - e che nelle more della riorganizzazione dell'Istituto non sia più prevista alcuna poltrona per queste persone;
- il presidente prenda atto che il direttore generale, insieme a chi lo ha spalleggiato dei dirigenti amministrativi, a partire dal dirigente LTA, nella sua autonomia ha minato il corretto rapporto tra datore di lavoro e lavoratore, e agisca di conseguenza;
- il direttore del personale accerti i fatti avvenuti e valuti seriamente di intervenire con una congrua sospensione dal servizio per evidente abuso di potere.
La classe dirigenziale oramai "moralmente e professionalmente sconfessata", come hanno lucidamente scritto i lavoratori Ifl, ci indica che la strada è quella giusta. Non si tratta più solamente di una vertenza per il salario, ma per la dignità del lavoro e dei lavoratori dell'Istituto.
Noi saremo al tavolo tecnico oggi alle 15 per l'ultima volta in questa vertenza, solo per chiarire all'amministrazione che non ci faremo sfinire, come avvenuto in passato ai tavoli per i precari, in lunghe e per nulla produttive sedute "fiume" basate esclusivamente sul "vedremo" e "faremo sapere".
Vaglieremo la praticabilità di adire le vie legali, consapevole che questa scelta va intesa più come un rafforzamento della mobilitazione che una via di per sé risolutiva.
Il collettivo USB-PI Istat invita tutto il personale a partecipare alla mobilitazione e a manifestare concretamente e attivamente la propria solidarietà ai colleghi in agitazione.
I lavoratori di questo Istituto devono decidere da che parte stare.
Il collettivo USB-PI Istat